Certezza della pena: un’utopia?
a cura di Marina Basile
La certezza della pena: un’utopia? Si apre proprio con questa domanda il convegno organizzato a Bari dall’associazione Gens Nova ONLUS.
Una domanda quanto mai attuale divenuta uno dei più grandi dilemmi della giurisprudenza moderna; un problema molto sentito che amplifica l’allarme sociale; un bisogno per uno Stato che funzioni e soprattutto una necessità per evitare che chi delinque continui a farlo con la consapevolezza che rimarrà impunito lasciando vano lo sforzo effettuato dalle forze dell’ordine nel contrasto e nella repressione del crimine.
Purtroppo accade che la certezza della pena sia divenuta veramente un’utopia nel nostro Paese. Capita sempre più spesso vedere persone appena arrestate scarcerate già in 24 o 48 ore, altre che vengono assolte dopo anni perché le intercettazioni telefoniche non sono utilizzabili o perché c’è un vizio di forma, altri che vengono condannati a 20 anni e poi ne scontano 12.
Sono davvero tanti gli esempi e gli aspetti sui quali discutere. La cittadinanza è stanca e vorrebbe capire se la “certezza della pena” sia veramente un’utopia o qualcosa di costituzionalmente garantito.
Con tale obiettivo si è svolto presso l’Hotel Majestic a Bari, il convegno “La certezza della pena: un’utopia?”.
Ha introdotto e moderato tutti gli interventi Monica Pantanella, Socia Gens Nova che ha messo in evidenza quanto sia importante in questo momento storico, caratterizzato da un senso di precarietà, garantire almeno la “certezza del diritto”.
Illustri relatori: il Dr. Ciro Angelillis, sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione di Roma, la Dr. Valeria Pirè, Direttrice Casa Circondariale di Bari e l’avv. Antonio Maria La Scala, Presidente nazionale Gens Nova ONLUS e Penelope ONLUS.
Ha aperto il dibattito l’avv. La Scala che ha affermato: “Di fronte allo scenario che viviamo ogni giorno è come se mancasse una corrispondenza tra pena inflitta e pena reale. La pena deve essere sì rieducativa, ma nello stesso tempo deve garantire la non reiterazione del reato. Parlare di certezza della pena potrebbe diventare addirittura un concetto pericoloso perché potrebbe essere suscettibile di fraintendimenti e ritengo che sarebbe molto meglio parlare di ‘pena certa’ che presuppone un'aspettativa di giustizia”.
Il Presidente nazionale di Gens Nova ONLUS si è poi rivolto ai due illustri ospiti e li ha invitati ad entrare nel vivo del dibattito ponendo loro alcuni quesiti mirati.
Rivolgendosi a Ciro Angelillis gli ha chiesto di aiutare a comprendere cosa si intende per certezza della pena e se mai riusciremo ad averla.
Il sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione di Roma ha prima di tutto sottolineato la necessità di non lasciarsi influenzare mai dall'opinione pubblica e di imparare a saper distinguere tra pena e sanzione che hanno certamente un peso differente.
Ha poi chiarito che “se per certezza della pena si fa riferimento alla capacità di saper applicare la norma, la Corte di Cassazione opera senza ombra di dubbio in tal senso e garantisce una corretta e uniforme applicazione della norma e della pena in modo da non creare disparità di trattamento su tutto il territorio nazionale, anche se purtroppo alcune volte può accadere che giudici diversi emettano giudizi differenti.
Il legislatore deve divenire sempre l’interprete del comune sentire. La certezza della pena oggi risente ed è messa in difficoltà anche dall'apertura del nostro ordinamento ai confini nazionali e alla necessità di doversi in alcuni casi ‘adeguare’ alla legislazione di altri Stati”.
La stessa domanda è stata posta alla Dott.ssa Pirè che ha subito voluto sottolineare che certezza della pena non significa chiudere in un carcere e buttare la chiave.
“Io vorrei capovolgere la prospettiva e farvi guardare dal punto di vista del condannato. Vorrei cercare di spiegarvi come fare ad insegnar loro a rimettersi in gioco quando il periodo di reclusione è terminato. Bisogna saper fornire tutti gli strumenti necessari, umani e non solo – ha dichiarato la direttrice della casa circondariale di Bari”.
“Certezza della pena per me vuol dire che ‘l'uomo della colpa’ possa scontare subito il reato. Non bisogna far passare molti anni come invece accade nella realtà perché negli anni dell’attesa le cose potrebbero essere peggiorate, ma questa persona potrebbe anche aver cambiare in meglio la sua vita e si ritroverebbe coinvolto in un procedimento penale non ancora concluso che potrebbe invalidare il cammino di crescita e miglioramento da lui intrapreso. Nel momento in cui una persona entra in carcere la Costituzione ci impone un trattamento rieducativo, anche se io preferisco in realtà parlare di educazione e non di rieducazione. Buona parte dei detenuti del carcere di Bari fanno riferimento ad associazioni mafiose del territorio e molti ragazzi non hanno avuto alcun tipo di educazione durante la loro infanzia. Noi abbiamo l'obbligo costituzionale di non mollare e di cercare di agganciare tale persona nel processo educativo – ha concluso la Dott.ssa Pirè.
L’avvocato La Scala, traendo spunto dall’intervento della dott.ssa Pirè in materia di “rieducazione” dell’autore di un reato ha concluso la serata offrendo un valido spunto di riflessione a tutti i presenti in sala. “Ci ha mai pensato nessuno alla rieducazione della vittima? Chi subisce un reato ha infatti bisogno di essere rieducata ad accettare quello che ha dovuto subire, e questo avviene spesso nella più completa solitudine. La vittima, dopo che si chiude la spettacolarizzazione, resta sola con la sua solitudine e le sue paure – ha dichiarato La Scala. Una pena certa potrebbe renderla meno fragile?”
Fonte: Quotidiano di Bari